Libertà e Responsabilità

Disse una volta Rabindranath Tagore che i re hanno il compito di difendere il paese e, quando necessario, andare in guerra, mentre pulire la cisterna dell’acqua è compito degli abitanti del villaggio. La pulizia della cisterna dell’acqua è troppo importante per il villaggio per essere delegata a qualcuno che è lontano. Non è detto che un buon governo è tale quando i cittadini gli delegano fiduciosamente qualsiasi cosa. La migliore democrazia è quella che non si limita al momento delle elezioni, ma viene esercitata a diversi livelli, distribuisce le responsabilità fra tutti, tiene alto il livello della partecipazione nei diversi strati sociali.

Dire che la cisterna dell’acqua deve essere mantenuta pulita dagli abitanti del villaggio è un’affermazione niente affatto banale. Tagore era convinto, come Gandhi e molti altri, dalla necessità di liberarsi dal dominio coloniale inglese e di arrivare ad un’India indipendente. Per questo riteneva che fosse importante la costruzione di una consapevolezza democratica degli indiani che li portasse ad assumersi responsabilità dirette. Il limite delle democrazie occidentali era, secondo Tagore, quello di delegare troppi poteri allo stato, che in questo modo doveva occuparsi di tutto e rischiava di esonerare i cittadini dalla propria responsabilità civile. Per questo, il governo non si deve occupare della cisterna dell’acqua del villaggio, ma è un impegno che gli stessi abitanti si devono accollare. In altre parole, una democrazia matura si deve basare su un cittadino responsabile. In questo senso, potremmo cambiare il titolo di questa breve riflessione, poiché secondo Tagore, la “libertà è responsabilità”.

Vale la pena ricordare che Maria Montessori ha ripetutamente incontrato Tagore in occasione del suo lungo soggiorno in India nel periodo della Seconda Guerra Mondiale, intrattenne con lui una fitta corrispondenza e visitò le scuole da lui fondate. Anche Tagore era colpito dai principi che ispiravano le idee educative di Maria Montessori.

La scuola di Tagore aveva lo scopo di aiutare gli studenti a pensare da soli, a partecipare attivamente all’organizzazione della vita della scuola, a sentirsi liberi e nello stesso tempo ad assumersi delle responsabilità. Le lezioni erano basate sulla discussione e ognuno era incoraggiato ad esprimersi sulle decisioni che riguardavano la regolazione della vita quotidiana. La scuola di Tagore era “ … una comunità autogestita nella quale i bambini venivano aiutati a cercare autonomia e libertà intellettuale” (M. Nussbaum, (2011), Non per profitto. Perché le democrazie hanno bisogno della cultura umanistica, Il Mulino, Bologna, p. 87).

Nonostante la profonda differenza dei contesti e dei punti di riferimento culturali, i principi di Tagore non sono lontani dalle ‘idee forti’ espresse da Maria Montessori ed è difficile dire chi è partito prima o chi ha influenzato chi. Entrambi aspirano ad ideali universali, entrambi si rivolgono all’uomo in quanto parte dell’umanità, entrambi ritengono che la scuola ha il compito principale di educare tutti ed ognuno insieme alla libertà ed alla responsabilità.

Frequentemente, nei suoi scritti, Maria Montessori ha fatto cenno all’educazione alla libertà come elemento centrale della formazione dell’uomo. Ci mette anche in avviso da modi equivoci di intendere la libertà: “Credetemi: i tentativi della così detta educazione moderna che cercano semplicemente di liberare i bambini da supposte repressioni, non sono sulla buona strada. Lasciar fare agli scolari quel che vogliono, divertirli con occupazioni leggere, riportarli quasi a una natura selvaggia, non è sufficiente” (Montessori M., (1993), La formazione dell’uomo, Garzanti, Milano, p. 22).

In altre parole, l’educazione alla libertà è una strada in salita, che richiede impegno, sforzo e accettazione o definizione di regole. Si tratta di un lavoro paziente che richiede l’impegno di tutta la comunità e non solo dell’educatore o dell’insegnante a scuola. La libertà (non quindi di seguire il proprio capriccio, ma libertà intesa come capacità di poter scegliere) si consegue perciò attraverso la progressiva e graduale conquista dell’autonomia.

Le domande che a questo proposito possono sorgere sono molte: quali sono, perciò, le autonomie che, in un processo educativo, è opportuno attivare? Chi deve promuoverle? Le autonomie devono essere uguali per tutti o diverse per ognuno? In quale misura possono (o devono) variare con il variare delle culture? Quali sono le autonomie che è utile che i bambini sviluppino da soli e quali invece è importante che siano sostenute dagli adulti? Quali sono i rischi da un lato di un ‘eccesso’ di intervento degli adulti nei confronti delle autonomie dei bambini e dall’altro di un ‘difetto’ di azione di guida da parte del genitore e dell’educatore? È chiaro perciò che se tutti possiamo dichiararci d’accordo sull’importanza dello sviluppo dell’autonomia, potremmo avere posizioni assai diverse se ci trovassimo in situazione, ossia nel caso della loro concreta promozione nell’ambito delle azioni educative pratiche. Evidentemente non ci sono risposte definitive a queste domande, poiché, come avviene in tutte le cose praticabili (vale a dire, nel fare concreto) non esiste una soluzione sola (così come non esiste una verità unica).

Su questo punto, l’insegnamento di Maria Montessori è molto esplicito: senza dubbio l’adulto ha un ruolo di supporto costante, di aiuto e di sostegno quando si presentano delle difficoltà, ma in nessun modo si deve sostituire al bambino. Vale a dire, l’adulto commette un grave errore quando, anche se in buona fede, si sostituisce al bambino, decidendo direttamente quali sono le autonomie che il bambino deve conseguire. Accade così che ci siano bambini che ad esempio conoscono precocemente i colori, sanno utilizzare nel modo dovuto alcuni materiali, ma non sappiano vestirsi, non possano decidere se hanno ancora fame, oppure no.

La proposta di Maria Montessori sgombra il campo da tutto questo: l’adulto deve soprattutto “predisporre l’ambiente”. Attraverso la preparazione dell’ambiente, l’adulto – pur facendo da guida – deve essere capace di fare un passo indietro e permettere al bambino di esplorare ciò che gli sta intorno ed esercitare la propria libertà a partire dalle proprie preferenze e dai propri desideri.

QUINTO BATTISTA BORGHI – Pedagogista, autore di fondamentali pubblicazioni sul nido, già dirigente settore infanzia delle città di Torino e Brescia, membro di comitati scientifici internazionali, è Presidente della Fondazione Montessori Italia.