Nelle ultime settimane mi è capitato sempre più spesso di parlare di continuità e progetti educativi che abbraccino i primi sei anni di vita dei bambini. Sia gli enti pubblici che i gestori privati di nidi e scuole dell’infanzia si stanno interrogando sulla possibilità di costruire dei percorsi integrati che accolgano bambini e bambine nel primo anno di vita e li conducano fino al compimento dei sei anni, pronti ad intraprendere l’avventura della scuola dell’obbligo. L’idea non è nuova e molti progetti che si preoccupano di creare forti legami di continuità esistono già, soprattutto in quei contesti in cui i comuni gestiscono sia i nidi che gran parte delle scuole dell’infanzia, come ad esempio a Milano o a Reggio Emilia, mentre è più difficile armonizzare nidi comunali e scuole dell’infanzia statali.
In alcuni paesi la fascia di età dello 0-6 è considerata unitariamente dal punto di vista pedagogico già da tempo e si parla di sistema prescolare a partire dal nido, in Italia invece la storia è un po’ diversa perché il nido nasce dopo la scuola dell’infanzia e al di fuori del sistema scolastico nazionale, inoltre viene definito “servizio assistenziale”, anziché educativo. Questi due elementi sono stati per quarant’anni alla base della distinzione (a volte anche distanza) tra nido e scuola, con il nido gestito dagli enti locali e dai privati e le scuole dell’infanzia gestite dai Comuni e dallo Stato. Dove il comune ha gestito entrambi si sono potute sperimentare e avviare azioni di continuità educativa, dove era lo stato a gestire la scuola dell’infanzia, invece, si procedeva spesso su due strade diverse. Per non dire dell’impossibilità di collaborare tra nido e scuola dove i nidi non ci sono (ad esempio in Calabria, dove meno del 5% dei bambini e delle bambine ha un posto di nido a cui accedere).
Oggi però c’è una nuova legge che dichiara l’importanza di unificare i due percorsi, in modo da creare un sistema 0-6 anni che promuova l’educazione fin dalla nascita rispettando dei criteri che garantiscano l’eccellenza pedagogica. Tuttavia la legge 107 del 2015 (che tutti conosciamo con il suo nickname renziano, “la buona scuola”) non dice come sarà il nuovo sistema, e si limita a elencare alcuni punti che spetta al governo legiferare nei prossimi mesi, con quelli che si chiamano decreti delegati. In sostanza la legge stabilisce che il sistema dovrà essere unificato, che si dovrà smettere di considerare il nido come un servizio per le famiglie e iniziare a considerarlo per quello che è, ovvero un luogo educativo di carattere prescolare, e che la scuola dell’infanzia dovrà prevedere la compresenza educativa (almeno due docenti per ogni classe). Inoltre si prevede un ingaggio economico da parte dello Stato per la copertura finanziaria dei servizi e una compartecipazone da parte delle famiglie che non potrà superare una quota (bassa in rapporto al costo del servizio ma percettibile sul reddito di una famiglia).
In attesa dei decreti, che diranno esattamente come sarà il nuovo panorama di riferimento che si staglia all’orizzonte dei nidi e della scuola dell’infanzia, tutti gli operatori del settore sono entusiasti perché era da tempo che si attendeva una simile prospettiva di lavoro per sviluppare progetti educativi per la prima e la seconda infanzia che fossero fortemente coerenti. Speriamo che i decreti non tradiscano la fervida attesa e diano l’opportunità a tutti di crescere e migliorare.
Nel frattempo io mi limito a segnalare una specificità montessoriana che riecheggia nel titolo del nostro blog. La Montessori si occupò fin dall’inizio, e cioè già a San Lorenzo nel 1907, di bambini e bambine che avevano dai 2 ai 7 anni. Spesso nelle immagini d’epoca che testimoniano il suo impegno si possono notare bambini di 2 anni che stanno svolgendo un’attività insieme a bambini molto più grandi di loro con grande naturalità. Questa continuità tra i quelli che al nido si chiamano “grandi” (bimbi e bimbe dai 20-24 mesi in poi) e i bambini della scuola dell’infanzia è stata spesso al centro dell’offerta educativa della Montessori nella casa dei bambini, ricordo che il nido è un’istituzione sociale nata negli anni ’70 e che al tempo della Montessori era possibile che i bambini andassero a scuola per la prima volta in occasione dell’inizio delle elementari, come che alcuni bambini di due anni si ritrovassero alla scuola dell’infanzia con gli altri. Pertanto la continuità tra nido e infanzia è connaturata all’esperienza montessoriana e ovunque ci siano un nido e una scuola a metodo vicini (o addirittura nello stesso edificio) è normale osservare bambini che lavorano, giocano e stanno insieme a partire dai propri interessi e affinità. Il bambino di 3 mesi ha, evidentemente, bisogno di cure e ambienti diversissimi dal bambino di 5 anni, ma quando i bambini iniziano ad affacciarsi alla scoperta cognitiva, alle parole, ai numeri, alle domande su come funziona il mondo, le differenze si attenuano e l’ambiente educativo tende a rispondere alle esigenze di bambini di età diverse.
È per questo che crediamo che la riforma del sistema prescolare sarà accolto benissimo da tutti i nidi e le scuole dell’infanzia a metodo. Noi siamo pronti, ora la palla è al governo.
ANDREA LUPI – Pedagogista e formatore, supervisore di strutture a metodo, esperto nella progettazione di materiali educativi per la scuola dell’infanzia e primaria, è Segretario Generale della Fondazione Montessori Italia.