Negli ultimi mesi si sono pubblicati moltissimi libri che parlano del rapporto tra educazione e natura, e quasi tutte le università hanno ospitato giornate di studio sul tema. Sembra di assistere ad una nuova ondata di attenzione verso il ruolo educativo dell’ambiente e della natura come già era successo a seguito della grande inurbazione del boom negli anni ’60 e ai disastri ambientali degli anni ’80. Oggi la riflessione sembra che origini, più che da emergenze improvvise, da una nuova consapevolezza del necessario contributo che dà l’ambiente esterno ad ogni opera educativa di ampia portata. Non è escluso che un certo atteggiamento new age da parte di alcuni abbia avuto qualche influenza nel porre all’attenzione il problema, tuttavia nella storia della pedagogia si trovano molti riferimenti culturali radicali in merito, e soprattutto in Rousseau, Montessori, Thoreau, Pestalozzi, Dewey, stando attenti a ricordare anche il contributo di Baden-Powell. Oggi però c’è un termine di origine inglese che si sta affermando nel dibattito: Outdoor Education. Tradotto in italiano potrebbe essere inteso come Educazione all’aria aperta o Educazione fuori dall’aula. Di certo intende definire l’educazione come un processo che non deve essere considerato indissolubilmente legato ad una classe o una sezione all’interno di un edificio, ma anzi deve prevedere la possibilità di accadere anche all’aperto, negli spazi naturali, negli spazi fuori dall’aula, nel contesto ambientale più vasto, in cui trovano un ruolo gli alberi, gli animali, l’agricoltura, la terra, l’acqua, e tutti gli elementi naturali. Scalare un sasso può essere educativo al pari di altre attività svolte all’interno. Raccogliere le chiocciole che di notte hanno risalito il muro esterno del nido per osservarle e poi liberarle di nuovo nell’erba è una attività fantastica, e molti di noi l’abbiamo potuto fare quando eravamo bambini. Scoprire che alcune chiocciole hanno un guscio vuoto e sono fragili, mentre altre hanno un corpo scuro e viscido al loro interno è un’esperienza che non può essere riprodotta all’interno. Cercare il bastone adatto a scavare nella sabbia o nella terra per seppellire un insetto morto stecchito che abbiamo trovato ai piedi dell’albero è al contempo una attività di cooperazione con gli altri, di ricerca, di apprendimento, di creatività. Come si potrebbe immaginare di non favorire un’attività del genere? Nel passato questo rischio non si poteva correre, l’attività all’aperto era quotidiana e preponderante e molti apprendimenti avvenivano lì. Una cattiva idea di educazione negli anni ha teso a considerare l’aula chiusa come luogo educativo per eccellenza e ha portato gli educatori a non valutare più l’esterno, gli spazi aperti, come risorse per la crescita, l’apprendimento e le relazioni. Il benessere psico-fisico è costato tanta fatica alle generazioni passate, mangiare due volte al giorno e bene, essere coperti dal freddo, essere curati se malati, non erano diritti diffusi cento anni fa, ma i bambini avevano spazi aperti a loro disposizione, si rincorrevano, giocavano nei cortili, si sporcavano al parco o nei luoghi verdi. Oggi invece abbiamo diritti acquisiti e benessere, ma la possibilità di stare bene e di crescere grazie alle attività all’aperto è forse irrimediabilmente compromessa. Ecco perché la scuola e il nido si devono fare carico di promuoverla.
Guardare il cielo e osservare le ali digitate di un corvo contro luce, non è forse un diritto di ogni bambino? Respirare l’aria umida del pomeriggio invernale, scoprire che la nebbia si può diradare all’improvviso, e chiedersi che cosa sia esattamente quel velo bianco che impedisce al sole di mostrarsi, anche questo è un diritto del bambino. Quando si studia la storia si scopre che l’arte, la geografia, la scrittura, l’astronomia, sono nate dall’interazione diretta con l’ambiente, dall’esperienza a contatto con la natura, dalla sua osservazione attenta e partecipe.
La natura non è solo il luogo del ristoro domenicale o delle vacanze, non è solo la spiaggia o la pista da sci, è soprattutto un luogo per l’apprendimento e per il benessere psico-fisico. La natura è una occasione per essere noi stessi, per osservare, per capire come mai le cose hanno questa forma e sono fatte così. Nella natura possiamo fare ipotesi, verificarle, esplorare, muoverci, sentire freddo o caldo, sentire il vento tra i capelli e la rugiada tra le mani, in pratica possiamo scoprire che la vita è bellissima e noi ne siamo parte. La Montessori a chi gli chiedeva che cosa offrire ai bambini per strutturare il curriculum, alla fine della sua vita diceva che è bene offrire loro l’universo intero, dichiarando sia che il curricolo deve essere integrale, sia che l’universo è la nostra casa e che dobbiamo vivere in essa senza allontanarci e isolarci in una giungla di cemento e in aule asfittiche. Dichiarava anche che non è possibile apprendere e stare bene (che è sia la precondizione sia l’obbiettivo dell’apprendimento) al di fuori di un pieno rapporto con la natura.


Nell’ambito educativo troppo spesso, invece, la natura non ha alcun ruolo o le si riconosce un ruolo subalterno e fortemente limitato. Molto spesso si sente dire da educatrici, maestre e pedagogisti, che non si “esce” dal nido per andare in giardino perché il tempo non lo permette e i genitori non acconsentono. Ma qui si devono segnalare due questioni fondamentali! La prima è che il giardino (o comunque lo spazio all’aperto) è una parte del nido, a tutti gli effetti. Non è in nessun modo possibile concepirlo come uno spazio esterno al nido. Lo spazio esterno è quello oltre le mura di cinta, oltre il cancello. Lo spazio all’aperto è all’interno del nido, ma all’aria aperta, appunto. La seconda è che lo spazio all’aperto deve essere lo spunto e lo strumento per svolgere attività educative che promuovano la competenza e le potenzialità dei bambini e delle bambine, e non è verosimile che siano i genitori a limitare le nostre progettualità educative. Al massimo dovremo essere bravi a comunicare a tutti i portatori di interesse, genitori compresi, quali sono le nostre intenzionalità educative, che ruolo riveste la natura nella nostra pratica educativa, e come provvediamo al benessere fisico dei bambini dentro e fuori le mura del nido a seconda del clima che troviamo. Inoltre sappiamo bene che solo alcuni genitori vivono con difficoltà il rapporto con l’esterno, ma la stessa cosa i potrebbe dire del rapporto con il cibo, di quello con le attività sporchevoli, di quello con l’indipendenza e l’autonomia personali, ecc. Il che non ci può esimere dal continuare nella nostra proposta professionale di educazione e cura secondo i principi educativi che riteniamo validi. Se accampiamo la scusa dell’opposizione di alcuni genitori è perché non siamo convinti della proposta che facciamo all’aria aperta, altrimenti la sosterremmo come facciamo con qualsiasi altra proposta. Non entriamo nel merito delle condizioni atmosferiche sfavorevoli di cui sembrerebbe godere la nostra Penisola, basti ricordare il proverbio danese che sostiene: “non esiste il cattivo tempo, esistono le persone vestite in maniera non adeguata!” Sarà sufficiente richiedere alle famiglie il giusto equipaggiamento (stivali, guanti, sciarpe, cappelli, incerate) e le condizioni climatiche non saranno mai più avverse!
Chiudiamo con una riflessione sulle attività che si possono sviluppare all’aria aperta in un nido e in una scuola dell’infanzia.
Il movimento grosso all’aria aperta vive nel suo regno, ogni luogo è una spinta a correre, saltare, strisciare, trasportare oggetti, rotolarsi, scalare, scivolare, slanciarsi e lanciare. Non ci sarà mai un momento di noia, in ogni occasione si troverà modo di esercitare il movimento del corpo o di stimolare la propriocezione. E benché sia importante avere a disposizione arredi da esterno strutturati (altalene, scivoli, tunnel, sabbiere, giostre, dondoli, torri, …), tuttavia la loro penuria o assenza non compromette affatto la possibilità di sperimentare il corpo in movimento, scalare i primi rami di un arbusto sotto lo sguardo vigile dell’adulto, scivolare su un pendio o strisciare sotto una siepe sono attività di grande stimolo per il bambino.
Il movimento fine della mano è stimolato dalla miriade di piccoli oggetti che si trovano in giardino, foglie, bastoncini, insetti, piante, radici, sassi, pigne, fiori, steli… Scavare, infilare, ruotare, inserire, estrarre, sono solo alcuni dei movimenti di precisione cui la mano può dedicarsi all’aperto.
Il linguaggio si arricchisce di termini e verbi che riguardano l’esperienza sensoriale, motoria, osservativa. Si deve comunicare con i compagni e li si deve invitare al gioco.
La logica e la capacità di osservazione escono sempre rafforzate dall’attività all’aperto, bisogna cercare, guardare, scoprire tutto quello che l’ambiente, sempre mutevole, ci riserva. Fare ipotesi sulla natura degli oggetti, sulla loro posizione, forma, dimensione, struttura, il loro peso, la tessitura. Cos’è questo? è la domanda che ricorre più di frequente nella testa di tutti i bambini che si trovano in giardino.
Le relazioni tra pari vengono stimolate dall’ambiente esterno. I bambini e le bambine cercano il contatto dei compagni, li invitano a giocare, li spingono a entrare o uscire da un gruppo che si è appena costituito senza l’intervento di un adulto. Devono cooperare per trasportare oggetti pesanti o per trovare qualcosa, si spingono reciprocamente in altalena o sulla giostra, si aiutano a riempire una buca o a scavarla. Ma possono anche trovare delle occasioni per dedicarsi in autonomia ad una attività senza essere disturbati da nessuno, hanno la possibilità di scegliere cosa fare a prescindere da quello che fanno tutti gli altri. Le relazioni all’esterno sono ricche, complesse e aiutano il bambino a crescere nel rispetto degli altri e di sé stesso.

Insomma, cosa aspettiamo ad uscire?